sabato 31 gennaio 2009

piazza Marina


Alle 8 è già lì.
Porta due valigette piene di sogni. Oggi deve vendere qualcosa. Non ha neppure gli spiccioli per una colazione e spera che qualche bimbo, passando davanti ai suoi giochi di legno, chieda alla mamma di comprargliene uno.

Apre le piccole valigie blu. Un collega lo osserva con fastidio. Ma a piazza Marina, di sabato, c’è posto per tutti e Garzon , che è timido, si muove piano, si guarda intorno e mette ogni cosa vicina. Tutto in un angolo davanti l’inferriata del giardino Garibaldi.

Non viene mai la domenica. La domenica deve sognare. Sognare è importante per il suo lavoro. Lui i sogni, poi, li costruisce: di legno o di cartapesta. A volte nei sogni rivede la sua Valencia, ma non può permettersi di sognare Valencia. Nessuno si comprerebbe la sua infanzia di legno. Nessuno si interessa a lui. Ma lui si interessa agli altri. Garzon sogna per gli altri.

Si avvicina un uomo con gli occhiali. Garzon lo saluta, lo chiama per nome. Lo conosce. E’ uno di quelli che una volta erano stati suoi amici. Amici suoi e di Rita, la sua compagna. Che oggi non c’è più. E non ci sono più neanche il suo volto, le sue carezze i suoi racconti. I suoi amici.

Ecco un bimbo. Osserva l’aquila. E’ grande e tutta colorata di rosa. E ondeggia su e giù appesa a dei fili invisibili che Garzon ha attaccato alle sue ali.
Il bimbo la fa oscillare, Garzon sorride e gli dà una carezza. Poi la mamma se lo porta via.

E’triste Garzon. Dà una leggera spinta all’aquila, poi un’altra e un’altra ancora. L’aquila ondeggia sempre di più. Le ali si coprono di piume, gli occhi si schiudono, un colpo di vento giunge dai ficus oltre l’inferriata del giardino e l’aquila vola via. Garzon è felice , il suo sogno volerà alto. Volerà via. Anche Garzon va via. Nessuno più lo vedrà a piazza Marina.

(pinardelrio)

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